Lo Spazio Bianco nella Grafica e il suo Potere Comunicativo

Giuliano Grippo

17 Luglio 2018

Uno dei fattori più trascurati nel graphic design – dai dilettanti sino ad arrivare ai professionisti – è sicuramente l’utilizzo degli “spazi bianchi” anche detti “spazi vuoti” o “spazi negativi”, come ti piace di più.

D a bravo Designer conoscerai tutti i significati dei colori nel graphic design, ma in questo articolo andrò a trattare un’altra peculiarità del bianco.

Molti commettono l’errore di considerare gli spazi bianchi come elementi da riempire con tutte le cose più inutili possibili, tipo cornici improponibili et similia.

Mentre con uno studio coscienzioso degli spazi negativi si può trasmettere eleganza e pulizia ad un proprio layout o elaborato grafico.

Sento già l’eco del cliente che da dietro le spalle ti sussurra nell’ orecchio “Ma non ce l’aggiungiamo una scritta là in mezzo? È troppo vuoto”

Si si, sicuramente avrai sentito questa frase molestissima.

Padroneggiando e capendo davvero il modo in cui funziona lo spazio bianco, sarà meno probabile utilizzare ornamenti o cornici strane per dividere degli elementi oppure cambiare carattere o colori quando non è necessario per differenziare le informazioni all’interno di un progetto.

Quando si pensa allo spazio bianco, in genere tutti pensano al nulla, non c’è cosa più sbagliata perché il bianco è un elemento tanto quanto gli altri.

Bisogna considerare lo schema 1+1=3

No tranquillo, a scuola andavo piuttosto bene in matematica quando mi applicavo e non sono nemmeno impazzito.

1+1=3 è lo schema ideato da Edward Tufte e che è facilmente riassumibile così:Spazio Bianco nella Grafica

Consideriamo un singolo elemento grafico che in questo caso è la prima barretta a sinistra.
Ora duplichiamo questa barretta e la disponiamo al di sotto come nella seconda figura, et voilà il gioco è fatto.

Elementi che sono vicini fra loro e allineati l’uno con l’altro tendono ad essere visti da noi come un insieme, questo fenomeno viene spiegato anche nella Teoria Della Gestalt.

 

Un altro esempio dell’ utilizzo degli spazi bianchi.

Esempio 1

spazi negativi grafica

Riscontriamo subito tre errori macroscopici.

Le proporzioni sono sballate.

Non sono stati rispettati minimamente gli spazi vuoti e quindi non si viene a generare una gerarchia.

Non si capisce qual è il messaggio importante e quindi abbiamo una situazione confusionaria.

 

Esempio 2

spazi negativi grafica

Le proporzioni sono state rispettate e quindi di conseguenza anche gli spazi bianchi, si viene a creare un ordine di lettura.
Utilizzando un corretto proporzionamento adesso l’icona è diventata il punto focale.

 

Ricapitolando, la prossima volta che progetterai qualcosa, prima di inserire elementi come se non ci fosse un domani ed utilizzare una moltitudine di caratteri diversi pensa prima a gli spazi bianchi e ad una loro equa suddivisione.

Sicuramente il tuo design ne guadagnerà di leggibilità, eleganza e pulizia.

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  1. Mario (bariom) ha detto:

    Quando parliamo di “spazio bianco” dobbiamo però tenere presente anche altri fattori o meglio *regole*…

    Ad esempio la regola di prossimità.

    Perché, ad esempio, nel tuo schema esemplificativo 1+1=3, cosa stabilisce l’ampiezza dello spazio bianco tra 1 e 1?
    E come comportarci se gli spazi NON bianchi (1), cioè NON vuoti, non sono equivalenti?

    Questo per dire che lo “spazio bianco” non è propriamente un “elemento grafico” (tranne in casi specifici in cui il bianco è un “pieno” e non un “vuoto”), ma è piuttosto un importantissimo elemento di *equilibrio*, un “contrappunto”, un “silenzio” necessario tra le note di uno spartito.

    L’esempio 1 e 2, non rientra esattamente nella “problematica” dello “spazio bianco” anche se nel logo 2, “Hey Tu!” è evidentemente attorniato dal bianco.

    Resta certamente il fatto che farsi prendere dalla “biancofobia”, ma dovremmo parlare più di correttamente di “vuotofobia”, è il peggior stato mentale, per affrontare qualunque progetto di grafica 😉

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